Può una festa religiosa diventare un evento bizzarro e alla moda? Pare proprio di sì. Non stiamo parlando della solita sagra paesana nata in realtà per commemorare il santo patrono poi accantonato per un panino con la salsiccia, ma di un antico rito che proviene addirittura dall’Asia. È l’Holi, una ricorrenza primaverile dedicata ai colori e all’amore. Una celebrazione da portare in valigia dall’India all’Italia, tant’è che si è tenuto sabato scorso alla Mostra d’Oltremare di Napoli in occasione del Festival dell’Oriente e sarà ripetuto il prossimo weekend per la chiusura della manifestazione.
Ma cos’è esattamente l’Holi? Si tratta di un’antica festa religiosa induista, osservata principalmente in India e in Nepal. I suoi significati sono la vittoria del bene sul male, l’arrivo della primavera, l’addio dell’inverno, l’incontro con gli altri, la voglia di giocare, ridere, dimenticare i dolori, perdonare e consolidare le relazioni.
La festa si inaugura con l’accensione, la notte prima del giorno Holi, di un falò che prende il nome di Holika Dahan, dove Holika è il nome di un demone delle scritture Hindu e Veda. La mattina del giorno dopo la festa esplode in un carnevale di colori, giochi, danze e canti. L’Holi è spesso celebrato all’avvicinarsi dell’equinozio di primavera in un giorno di plenilunio. La data del festival, quindi, non è fissa ma varia ogni anno a seconda del calendario induista e del calendario gregoriano.
Col tempo l’Holi è diventato popolare anche in molte parti dell’Asia meridionale e addirittura in America del Nord e in Europa, anche se per motivi ben diversi che vanno dalla celebrazione della primavera fino allo scherzo.